Hitler: rapite Pio XII
IL CASO
Nella testimonianza dell'ex generale delle Ss Wolff i dettagli del piano con cui il Terzo Reich intendeva ridurre al silenzio il Papa
Hitler: rapite Pio XII
Tra i capi d’accusa contro il Pontefice il suo atteggiamento «amichevole» verso gli ebrei. Dopo il blitz, il prigioniero sarebbe stato recluso in un castello tedesco L’«Operazione Rabat» era prevista per la primavera del 1943. Ma il vero obiettivo consisteva nella cancellazione del cristianesimo Al suo posto sarebbe stata imposta la nuova «religione universale» nazista
Da Roma Salvatore Mazza
«Ricevetti da Hitler in persona l'ordine di rapire Papa Pio XII...». Così afferma Karl Friedrich Otto Wolff, Obergruppenführer di Stato Maggiore delle SS e generale delle Waffen SS, già capo della segreteria personale di Heirich Himmler e poi Hoechster SS und Polizei-Führer (ovvero capo supremo delle SS) in Italia, nella memoria scritta depositata il 24 marzo del 1972, sugli eventi che rischiarono di modificare il quadro degli ultimi anni di guerra. È una memoria che conferma la forse più delirante idea hitleriana: rapire Pio XII e "cancellare" il Vaticano. Se non il cristianesimo.
Solo un delirio? Tutt'altro. Un progetto meditato per anni, e messo a punto nei dettagli. Del quale la testimonianza di Wolff offre il tassello mancante, utile a definire un capitolo finora mai veramente chiarito della seconda guerra mondiale, che rivela una volta di più quanto profondo fosse l'odio di Hitler verso un Papa Pacelli considerato «antinazionalsocialista» e «amico degli ebrei». La testimonianza di Wolff, che si trova oggi tra le carte della Causa di beatificazione, fu raccolta a Monaco di Baviera, dove si svolse uno dei sette processi rogatoriali per la Causa di Pacelli (gli altri, accanto al processo principale di Roma, hanno ascoltato testimoni a Genova, Varsavia, Lisbona, Montevideo, Berlino e Madrid). Quando già da vari anni sulla figura di Pio XII, a dispetto della storia e dei riconoscimenti arrivatigli da ogni parte per l'azione a favore degli ebrei, si era proiettata l'ombra diffamatrice di Il Vicario, di Rolf Hochhuth (del 1963).
Wolff aveva già deposto al processo di Norimberga contro i criminali di guerra nazisti su diversi aspetti del conflitto in Italia. Accennando anche al fatto che Hitler nella primavera del 1943 gli aveva ordinato di procedere con il sequestro di Papa Pacelli, ma che in quell'occasione era riuscito a distogliere il Führer dalle sue intenzioni. Stranamente però, come lamentava nel 1972 lo storico gesuita Robert Graham, a Norimberga proprio la questione del progettato sequestro del Papa non fu approfondita. Cosa che invece Wolff fece nel '72 a Monaco, rivelando - a quanto risulta - che dopo l'8 settembre l'insistenza di Hitler per eseguire il piano andò facendosi ogni giorno più parossistica.
Ai primi di maggio del 1944 Wolff, nel quartier generale di Hitler, ricevette probabilmente una sorta di ultimatum. Gli eventi, in Italia, sono precipitati, e Hitler non tollererà altri rinvii né pretesti. Rientrato a Roma, tuttavia, il comandante delle SS chiese - forse attraverso l'ambasciatore Weizsäcker, che era al corrente del progetto - di poter incontrare il Pontefice «per riferire di questioni gravi e urgentissime riguardanti la sua persona», come aveva fatto comunicare al Papa. L'udienza avvenne la sera del 10 maggio, a meno di un mese dalla fuga da Roma dei tedeschi nella notte tra il 4 e il 5 giugno successivi. Il generale, in borghese, fu accompagnato in Vaticano dal Superiore dei Salvatoriani padre Pancrazio Pfeiffer (che per tutta la guerra fu la longa manus di Pacelli nella sua opera di aiuto agli ebrei). Al cospetto di Pio XII Wolff riferì circa le intenzioni di Hitler, esortando il Pontefice a stare in guardia perché, se lui non avrebbe in nessun caso eseguito l'ordine, la situazione era comunque confusa e irta di rischi. Il Papa chiese allora a Wolff, come dimostrazione della sua sincerità, la liberazione di due condannati a morte, cosa che il generale fece il 3 giugno (uno dei due era Giuliano Vassalli).
Secondo la ricostruzione di Graham (che non era al corrente della testimonianza di Wolff a Monaco di Baviera) per rapire Pio XII si sarebbero mobilitate le SS, mentre a "mettere al sicuro" gli archivi vaticani ci avrebbero pensato i Kunsberg-Kommando, organizzazione delle stesse SS specializzata nella catalogazione di documenti. Il Papa «sarebbe stato portato al Nord e installato nel Castello di Lichtestein, nel Württemberg» (località che le "voci" del tempo avrebbero storpiato, confondendo il Castello col Principato del Liechtenstein).
Nel romanzo semi-autobiografico Monte Cassino lo scrittore danese Sven Hassel - ex combattente del 27° battaglione di disciplina della Wehrmacht, l'esercito tedesco - racconta che l'operazione "Rabat" (questo secondo Hassel il nome in codice) sarebbe stata condotta da un battaglione di SS, che avrebbero "salvato" il Pontefice da un attacco lanciato contro il Vaticano «da una banda di partigiani guidata da ebrei e comunisti», in realtà effettivi di un battaglione di disciplina tedesco. Sempre secondo Hassel la notizia di "Rabat" aveva suscitato un tale turbamento nell'esercito che la Wehrmacht avrebbe avuto pronto un contro-piano per difendere il Papa.
Hassel, dal punto di vista storico, è oggetto di controverse considerazioni. Ma è comunque da rilevare come Monte Cassino sia stato scritto nel 1968, prima cioè che il pur scarso materiale storico sulla vicenda fosse disponibile. E la coincidenza di molti particolari della narrazione con quanto emerso poi è per lo meno singolare, forse abbastanza da far ritenere plausibili almeno i dettagli relativi allo svolgimento dell'azione. Confermano, inoltre e comunque, come nonostante le smentite ufficiali - dirette o indirette - la "voce" circa il possibile sequestro del Papa era ben viva, e di giorno in giorno più forte ovunque. Tanto che l'ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede Ildebrando Accioly, ricorda Graham, «aveva realmente preso l'iniziativa presso i diplomatici alleati residenti in Vaticano per un loro impegno a seguire il Papa in esilio, se mai si fosse arrivati a quel punto».
Del resto, ancora nella ricostruzione di Graham, le prime tracce documentate di timori circa un'intenzione nazista di intervenire contro il papato risalivano già al 1941. Infatti, il 6 maggio di quell'anno il segretario della Congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari monsignor Domenico Tardini annotava quanto era stato riferito al Papa il 25 aprile, pochi giorni dopo l'incontro a Vienna tra i ministri degli Esteri di Germania e Italia, Joachim von Ribbentrop e Galeazzo Ciano. Secondo le informazioni ricevute, il Reich «aveva chiesto all'Italia di fare in modo che (il Papa) lasciasse Roma "perché nella nuova Europa non dovrebbe esservi posto per il papato"». E il cardinale Egidio Vagnozzi raccontò che «fin dal 1941 alcuni importanti documenti... che si riferivano ai rapporti tra il Vaticano e il Terzo Reich… erano stati microfilmati e inviati al delegato apostolico a Washington, monsignor Amleto Cicognani», e che «Pio XII aveva fatto nascondere le sue carte personali in doppi pavimenti vicino ai suoi appartamenti privati... (e) altri documenti della Segreteria di Stato vennero nascosti in angoli nascosti degli archivi storici». Perché «ovviamente si temeva il peggio».
Il Vaticano, insomma, la minaccia l'aveva sempre presa in seria considerazione. Del resto l'odio di Hitler verso Eugenio Pacelli, il raffinato diplomatico che mai aveva celato la propria avversione al nazismo fin dal suo nascere, era tristemente nota. Di certo contro il Pontefice, fin dalla sua elezione, si scatenò tutta la formidabile macchina della propaganda nazista: «L'elezione del cardinale Pacelli non è accettata con favore dalla Germania perché egli si è sempre opposto al nazismo», scriveva il Berliner Morgenpost, organo del movimento nazista, il 3 marzo 1939. E da allora gli articoli sprezzanti, le vignettacce, le caricature, lo bersagliarono quasi quotidianamente.
Ma c'era qualcosa di ancor più radicato, di malato. Che forse spiega ancor meglio la rabbiosa volontà di Hitler di rapire il Papa e «far sloggiare tutta quella masnada di p...» dal Vaticano, come, secondo Galeazzo Ciano, il capo del Terzo Reich ripeteva "apertamente". Nel 1941 le armate germaniche dilagavano in Europa. Il nazismo sembrava inarrestabile e la gloria del Reich a un passo. E nel mese di settembre, in una lettera al delegato apostolico a Washington monsignor Amleto Cicognani, Tardini riferiva che qualche mese prima, assistendo alla funzioni della Settimana Santa nella Cappella Sistina, un funzionario tedesco gli aveva detto: «Le cerimonie sono state interessanti. Ma è l'ultima volta. L'anno venturo non si celebreranno più». Nel gennaio successivo il cardinale Maglione lamentò un'analoga minaccia da parte del principe Otto von Bismark, ministro plenipotenziario dell'ambasciata tedesca.
Che cosa c'era dietro? Si è sempre detto che il nazismo tendeva a presentarsi come una nuova religione. Ma è interessante, in proposito, rilevare quanto raccontato nelle sue memorie, raccolte da Joseph Kessel, dal finlandese Felix Kersten, il massaggiatore "dalle mani miracolose" che per tutta la guerra fu l'ombra di Heinrich Himmler: «Nel maggio del 1940... per sfuggire a quel panorama di distruzione, Kersten cercava rifugio nella... biblioteca da campo di Himmler. Fece così una scoperta sorprendente: tutti i volumi che conteneva erano opere di religione: i Veda, l'Antico Testamento, i Vangeli, il Corano... "Ma non mi ha detto che un nazista non deve avere alcuna religione?", domandò un giorno a Himmler. "Certo", rispose quest'ultimo. "E allora?", domandò Kersten indicando i volumi...». E questa, riferita da Kersten, è la risposta data da un «sorridente» e «ispirato» Himmler: «"No, non mi sono convertito. Questi volumi sono necessari al mio lavoro. Hitler mi ha affidato l'incarico di preparare il vangelo della nuova religione nazista... Dopo la vittoria del Terzo Reich il Führer abolirà il cristianesimo e fonderà sulle sue rovine la religione germanica. Conserveremo l'idea di Dio, ma sarà un'idea vaga... Il Führer si sostituirà al Cristo come salvatore dell'umanità. Così, milioni e milioni di persone pronunzieranno soltanto il nome di Hitler nelle loro preghiere, e di qui a cent'anni non si conoscerà altro che la nuova religione... Capirà che per questo nuovo Vangelo mi occorre una documentazione"».
Nella testimonianza dell'ex generale delle Ss Wolff i dettagli del piano con cui il Terzo Reich intendeva ridurre al silenzio il Papa
Hitler: rapite Pio XII
Tra i capi d’accusa contro il Pontefice il suo atteggiamento «amichevole» verso gli ebrei. Dopo il blitz, il prigioniero sarebbe stato recluso in un castello tedesco L’«Operazione Rabat» era prevista per la primavera del 1943. Ma il vero obiettivo consisteva nella cancellazione del cristianesimo Al suo posto sarebbe stata imposta la nuova «religione universale» nazista
Da Roma Salvatore Mazza
«Ricevetti da Hitler in persona l'ordine di rapire Papa Pio XII...». Così afferma Karl Friedrich Otto Wolff, Obergruppenführer di Stato Maggiore delle SS e generale delle Waffen SS, già capo della segreteria personale di Heirich Himmler e poi Hoechster SS und Polizei-Führer (ovvero capo supremo delle SS) in Italia, nella memoria scritta depositata il 24 marzo del 1972, sugli eventi che rischiarono di modificare il quadro degli ultimi anni di guerra. È una memoria che conferma la forse più delirante idea hitleriana: rapire Pio XII e "cancellare" il Vaticano. Se non il cristianesimo.
Solo un delirio? Tutt'altro. Un progetto meditato per anni, e messo a punto nei dettagli. Del quale la testimonianza di Wolff offre il tassello mancante, utile a definire un capitolo finora mai veramente chiarito della seconda guerra mondiale, che rivela una volta di più quanto profondo fosse l'odio di Hitler verso un Papa Pacelli considerato «antinazionalsocialista» e «amico degli ebrei». La testimonianza di Wolff, che si trova oggi tra le carte della Causa di beatificazione, fu raccolta a Monaco di Baviera, dove si svolse uno dei sette processi rogatoriali per la Causa di Pacelli (gli altri, accanto al processo principale di Roma, hanno ascoltato testimoni a Genova, Varsavia, Lisbona, Montevideo, Berlino e Madrid). Quando già da vari anni sulla figura di Pio XII, a dispetto della storia e dei riconoscimenti arrivatigli da ogni parte per l'azione a favore degli ebrei, si era proiettata l'ombra diffamatrice di Il Vicario, di Rolf Hochhuth (del 1963).
Wolff aveva già deposto al processo di Norimberga contro i criminali di guerra nazisti su diversi aspetti del conflitto in Italia. Accennando anche al fatto che Hitler nella primavera del 1943 gli aveva ordinato di procedere con il sequestro di Papa Pacelli, ma che in quell'occasione era riuscito a distogliere il Führer dalle sue intenzioni. Stranamente però, come lamentava nel 1972 lo storico gesuita Robert Graham, a Norimberga proprio la questione del progettato sequestro del Papa non fu approfondita. Cosa che invece Wolff fece nel '72 a Monaco, rivelando - a quanto risulta - che dopo l'8 settembre l'insistenza di Hitler per eseguire il piano andò facendosi ogni giorno più parossistica.
Ai primi di maggio del 1944 Wolff, nel quartier generale di Hitler, ricevette probabilmente una sorta di ultimatum. Gli eventi, in Italia, sono precipitati, e Hitler non tollererà altri rinvii né pretesti. Rientrato a Roma, tuttavia, il comandante delle SS chiese - forse attraverso l'ambasciatore Weizsäcker, che era al corrente del progetto - di poter incontrare il Pontefice «per riferire di questioni gravi e urgentissime riguardanti la sua persona», come aveva fatto comunicare al Papa. L'udienza avvenne la sera del 10 maggio, a meno di un mese dalla fuga da Roma dei tedeschi nella notte tra il 4 e il 5 giugno successivi. Il generale, in borghese, fu accompagnato in Vaticano dal Superiore dei Salvatoriani padre Pancrazio Pfeiffer (che per tutta la guerra fu la longa manus di Pacelli nella sua opera di aiuto agli ebrei). Al cospetto di Pio XII Wolff riferì circa le intenzioni di Hitler, esortando il Pontefice a stare in guardia perché, se lui non avrebbe in nessun caso eseguito l'ordine, la situazione era comunque confusa e irta di rischi. Il Papa chiese allora a Wolff, come dimostrazione della sua sincerità, la liberazione di due condannati a morte, cosa che il generale fece il 3 giugno (uno dei due era Giuliano Vassalli).
Secondo la ricostruzione di Graham (che non era al corrente della testimonianza di Wolff a Monaco di Baviera) per rapire Pio XII si sarebbero mobilitate le SS, mentre a "mettere al sicuro" gli archivi vaticani ci avrebbero pensato i Kunsberg-Kommando, organizzazione delle stesse SS specializzata nella catalogazione di documenti. Il Papa «sarebbe stato portato al Nord e installato nel Castello di Lichtestein, nel Württemberg» (località che le "voci" del tempo avrebbero storpiato, confondendo il Castello col Principato del Liechtenstein).
Nel romanzo semi-autobiografico Monte Cassino lo scrittore danese Sven Hassel - ex combattente del 27° battaglione di disciplina della Wehrmacht, l'esercito tedesco - racconta che l'operazione "Rabat" (questo secondo Hassel il nome in codice) sarebbe stata condotta da un battaglione di SS, che avrebbero "salvato" il Pontefice da un attacco lanciato contro il Vaticano «da una banda di partigiani guidata da ebrei e comunisti», in realtà effettivi di un battaglione di disciplina tedesco. Sempre secondo Hassel la notizia di "Rabat" aveva suscitato un tale turbamento nell'esercito che la Wehrmacht avrebbe avuto pronto un contro-piano per difendere il Papa.
Hassel, dal punto di vista storico, è oggetto di controverse considerazioni. Ma è comunque da rilevare come Monte Cassino sia stato scritto nel 1968, prima cioè che il pur scarso materiale storico sulla vicenda fosse disponibile. E la coincidenza di molti particolari della narrazione con quanto emerso poi è per lo meno singolare, forse abbastanza da far ritenere plausibili almeno i dettagli relativi allo svolgimento dell'azione. Confermano, inoltre e comunque, come nonostante le smentite ufficiali - dirette o indirette - la "voce" circa il possibile sequestro del Papa era ben viva, e di giorno in giorno più forte ovunque. Tanto che l'ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede Ildebrando Accioly, ricorda Graham, «aveva realmente preso l'iniziativa presso i diplomatici alleati residenti in Vaticano per un loro impegno a seguire il Papa in esilio, se mai si fosse arrivati a quel punto».
Del resto, ancora nella ricostruzione di Graham, le prime tracce documentate di timori circa un'intenzione nazista di intervenire contro il papato risalivano già al 1941. Infatti, il 6 maggio di quell'anno il segretario della Congregazione per gli Affari ecclesiastici straordinari monsignor Domenico Tardini annotava quanto era stato riferito al Papa il 25 aprile, pochi giorni dopo l'incontro a Vienna tra i ministri degli Esteri di Germania e Italia, Joachim von Ribbentrop e Galeazzo Ciano. Secondo le informazioni ricevute, il Reich «aveva chiesto all'Italia di fare in modo che (il Papa) lasciasse Roma "perché nella nuova Europa non dovrebbe esservi posto per il papato"». E il cardinale Egidio Vagnozzi raccontò che «fin dal 1941 alcuni importanti documenti... che si riferivano ai rapporti tra il Vaticano e il Terzo Reich… erano stati microfilmati e inviati al delegato apostolico a Washington, monsignor Amleto Cicognani», e che «Pio XII aveva fatto nascondere le sue carte personali in doppi pavimenti vicino ai suoi appartamenti privati... (e) altri documenti della Segreteria di Stato vennero nascosti in angoli nascosti degli archivi storici». Perché «ovviamente si temeva il peggio».
Il Vaticano, insomma, la minaccia l'aveva sempre presa in seria considerazione. Del resto l'odio di Hitler verso Eugenio Pacelli, il raffinato diplomatico che mai aveva celato la propria avversione al nazismo fin dal suo nascere, era tristemente nota. Di certo contro il Pontefice, fin dalla sua elezione, si scatenò tutta la formidabile macchina della propaganda nazista: «L'elezione del cardinale Pacelli non è accettata con favore dalla Germania perché egli si è sempre opposto al nazismo», scriveva il Berliner Morgenpost, organo del movimento nazista, il 3 marzo 1939. E da allora gli articoli sprezzanti, le vignettacce, le caricature, lo bersagliarono quasi quotidianamente.
Ma c'era qualcosa di ancor più radicato, di malato. Che forse spiega ancor meglio la rabbiosa volontà di Hitler di rapire il Papa e «far sloggiare tutta quella masnada di p...» dal Vaticano, come, secondo Galeazzo Ciano, il capo del Terzo Reich ripeteva "apertamente". Nel 1941 le armate germaniche dilagavano in Europa. Il nazismo sembrava inarrestabile e la gloria del Reich a un passo. E nel mese di settembre, in una lettera al delegato apostolico a Washington monsignor Amleto Cicognani, Tardini riferiva che qualche mese prima, assistendo alla funzioni della Settimana Santa nella Cappella Sistina, un funzionario tedesco gli aveva detto: «Le cerimonie sono state interessanti. Ma è l'ultima volta. L'anno venturo non si celebreranno più». Nel gennaio successivo il cardinale Maglione lamentò un'analoga minaccia da parte del principe Otto von Bismark, ministro plenipotenziario dell'ambasciata tedesca.
Che cosa c'era dietro? Si è sempre detto che il nazismo tendeva a presentarsi come una nuova religione. Ma è interessante, in proposito, rilevare quanto raccontato nelle sue memorie, raccolte da Joseph Kessel, dal finlandese Felix Kersten, il massaggiatore "dalle mani miracolose" che per tutta la guerra fu l'ombra di Heinrich Himmler: «Nel maggio del 1940... per sfuggire a quel panorama di distruzione, Kersten cercava rifugio nella... biblioteca da campo di Himmler. Fece così una scoperta sorprendente: tutti i volumi che conteneva erano opere di religione: i Veda, l'Antico Testamento, i Vangeli, il Corano... "Ma non mi ha detto che un nazista non deve avere alcuna religione?", domandò un giorno a Himmler. "Certo", rispose quest'ultimo. "E allora?", domandò Kersten indicando i volumi...». E questa, riferita da Kersten, è la risposta data da un «sorridente» e «ispirato» Himmler: «"No, non mi sono convertito. Questi volumi sono necessari al mio lavoro. Hitler mi ha affidato l'incarico di preparare il vangelo della nuova religione nazista... Dopo la vittoria del Terzo Reich il Führer abolirà il cristianesimo e fonderà sulle sue rovine la religione germanica. Conserveremo l'idea di Dio, ma sarà un'idea vaga... Il Führer si sostituirà al Cristo come salvatore dell'umanità. Così, milioni e milioni di persone pronunzieranno soltanto il nome di Hitler nelle loro preghiere, e di qui a cent'anni non si conoscerà altro che la nuova religione... Capirà che per questo nuovo Vangelo mi occorre una documentazione"».
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