Il medico del papa rompe il silenzio
di Orazio La Rocca
La Repubblica, 16 settembre 2007
"A Wojtyla non fu staccata la spina"
Il professore che lo curava parla per la prima volta dopo la morte di Giovanni Paolo II: "Le cure non furono mai interrotte" Buzzonetti, il suo medico: nessuna eutanasia, assistito sino alla fine "La frase: ‘lasciatemi andare al Signore’
era solo una forma di preghiera ascetica"
CITTÀ DEL VATICANO - "Papa Giovanni Paolo II è stato assistito fino all'ultimo istante della sua vita, quando alle 21,37 del 2 aprile 2005 spirò. È vero che prima aveva detto ai medici 'Lasciatemi andare dal Signore'. Ma quella fu una frase ascetica, una altissima forma di preghiera finale di un uomo che stava soffrendo tanto e che sentiva il forte desiderio di voler avvicinarsi al Padre Celeste. Non fu, certamente, una manifestazione di rinunzia o una forma di resa anticipata alla vita. E tantomeno un invito rivolto ai medici curanti a staccare la spina o a interrompere l'assistenza, quasi una indiretta scelta di eutanasia come qualcuno vorrebbe adombrare. Chi pensa questo, sbaglia".
Dopo circa 2 anni e mezzo dalla morte di papa Wojtyla, rompe il silenzio il professor Renato Buzzonetti (archiatra pontificio), medico personale di Giovanni Paolo II fin dal 1978 ed ora responsabile della salute di Benedetto XVI. Lo fa per controbattere - puntualizza - quelle voci che si sono recentemente levate per avanzare dubbi e sospetti intorno agli ultimi istanti di vita di Karol Wojtyla.
Professor Buzzonetti, papa Ratzinger giovedì scorso, attraverso un nuovo intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che un ammalato in coma vegetativo permanente deve essere sempre alimentato con cibo ed acqua, anche con l'aiuto di una macchina. Giovanni Paolo II disse, invece, di volersene andare e fu accontentato. Non è un controsenso?
"Assolutamente no. Quella frase, 'Lasciatemi andare dal Padre', fu un atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre e, nello stesso, tempo, alla vita, che Giovanni Paolo II ha amato profondamente fino all'ultimo istante".
Eppure dopo quella frase pronunziata verso le 15,30 del 2 aprile 2005, le cure furono interrotte e dopo qualche ora il Papa morì. Perché la volontà di Giovanni Paolo II fu rispettata e per altri pazienti nelle stesse condizioni non si potrebbe fare altrettanto?
"Non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione. Quando il 30 marzo si affacciò per l'ultima volta alla sua finestra non riuscì nemmeno a parlare. Ma non si arrese. Da quel giorno fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico, perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale. La fleboclisi gli è stata applicata e assicurata fino alla fine, senza nessuna interruzione. Quando giovedì 31 marzo accusò un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio a causa di una infezione delle vie urinaria, fu sottoposto a tutti gli appropriati provvedimenti terapeutici e di assistenza cardiorespiraroria".
Perché non fu riportato in ospedale?
"Glielo chiese espressamente il segretario, monsignor Stanislao Dziwisz. Ma il Santo Padre volle restare in Vaticano dove poteva comunque contare sempre su una ininterrotta e qualificata assistenza medico-specialistica, 24 ore su 24, con personale altamente specializzato".
E poi, nel pomeriggio del 2 aprile, pronunziò quella frase ...
"Sì, lo confidò con un filo di voce in polacco a suor Tobiana mentre lo stava accudendo vicino al letto. Quando la suora uscì dalla stanza ci disse che il Papa le aveva detto di "voler essere lasciato andare dal Signore". Ripeto, fu un invito mistico, una altissima preghiera recitata da un uomo che sentiva che ormai stava per completare la sua avventura terrena. Ma non fu mai lasciato solo, senza presidi e senza assistenza, come qualcuno erroneamente vorrebbe insinuare. Fu per tutti noi che gli stavamo vicini una ennesima grande lezione di vita. Una preghiera recitata fino alla fine, con un debolissimo filo di voce, impercettibile, sussurrata, ma profonda. La preghiera di un santo che ha amato la vita fino a quando il buon Dio lo ha chiamato a sé".
La Repubblica, 16 settembre 2007
"A Wojtyla non fu staccata la spina"
Il professore che lo curava parla per la prima volta dopo la morte di Giovanni Paolo II: "Le cure non furono mai interrotte" Buzzonetti, il suo medico: nessuna eutanasia, assistito sino alla fine "La frase: ‘lasciatemi andare al Signore’
era solo una forma di preghiera ascetica"
CITTÀ DEL VATICANO - "Papa Giovanni Paolo II è stato assistito fino all'ultimo istante della sua vita, quando alle 21,37 del 2 aprile 2005 spirò. È vero che prima aveva detto ai medici 'Lasciatemi andare dal Signore'. Ma quella fu una frase ascetica, una altissima forma di preghiera finale di un uomo che stava soffrendo tanto e che sentiva il forte desiderio di voler avvicinarsi al Padre Celeste. Non fu, certamente, una manifestazione di rinunzia o una forma di resa anticipata alla vita. E tantomeno un invito rivolto ai medici curanti a staccare la spina o a interrompere l'assistenza, quasi una indiretta scelta di eutanasia come qualcuno vorrebbe adombrare. Chi pensa questo, sbaglia".
Dopo circa 2 anni e mezzo dalla morte di papa Wojtyla, rompe il silenzio il professor Renato Buzzonetti (archiatra pontificio), medico personale di Giovanni Paolo II fin dal 1978 ed ora responsabile della salute di Benedetto XVI. Lo fa per controbattere - puntualizza - quelle voci che si sono recentemente levate per avanzare dubbi e sospetti intorno agli ultimi istanti di vita di Karol Wojtyla.
Professor Buzzonetti, papa Ratzinger giovedì scorso, attraverso un nuovo intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che un ammalato in coma vegetativo permanente deve essere sempre alimentato con cibo ed acqua, anche con l'aiuto di una macchina. Giovanni Paolo II disse, invece, di volersene andare e fu accontentato. Non è un controsenso?
"Assolutamente no. Quella frase, 'Lasciatemi andare dal Padre', fu un atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre e, nello stesso, tempo, alla vita, che Giovanni Paolo II ha amato profondamente fino all'ultimo istante".
Eppure dopo quella frase pronunziata verso le 15,30 del 2 aprile 2005, le cure furono interrotte e dopo qualche ora il Papa morì. Perché la volontà di Giovanni Paolo II fu rispettata e per altri pazienti nelle stesse condizioni non si potrebbe fare altrettanto?
"Non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione. Quando il 30 marzo si affacciò per l'ultima volta alla sua finestra non riuscì nemmeno a parlare. Ma non si arrese. Da quel giorno fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico, perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale. La fleboclisi gli è stata applicata e assicurata fino alla fine, senza nessuna interruzione. Quando giovedì 31 marzo accusò un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio a causa di una infezione delle vie urinaria, fu sottoposto a tutti gli appropriati provvedimenti terapeutici e di assistenza cardiorespiraroria".
Perché non fu riportato in ospedale?
"Glielo chiese espressamente il segretario, monsignor Stanislao Dziwisz. Ma il Santo Padre volle restare in Vaticano dove poteva comunque contare sempre su una ininterrotta e qualificata assistenza medico-specialistica, 24 ore su 24, con personale altamente specializzato".
E poi, nel pomeriggio del 2 aprile, pronunziò quella frase ...
"Sì, lo confidò con un filo di voce in polacco a suor Tobiana mentre lo stava accudendo vicino al letto. Quando la suora uscì dalla stanza ci disse che il Papa le aveva detto di "voler essere lasciato andare dal Signore". Ripeto, fu un invito mistico, una altissima preghiera recitata da un uomo che sentiva che ormai stava per completare la sua avventura terrena. Ma non fu mai lasciato solo, senza presidi e senza assistenza, come qualcuno erroneamente vorrebbe insinuare. Fu per tutti noi che gli stavamo vicini una ennesima grande lezione di vita. Una preghiera recitata fino alla fine, con un debolissimo filo di voce, impercettibile, sussurrata, ma profonda. La preghiera di un santo che ha amato la vita fino a quando il buon Dio lo ha chiamato a sé".
<< Home