9.21.2007

Was John Paul II Euthanized?

By Jeff Israely/Rome
Time Magzine, Friday, Sep. 21, 2007
http://www.time.com/time/world/article/0,8599,1664189,00.html


In a provocative article, an Italian medical professor argues that Pope John Paul II didn't just simply slip away as his weakness and illness overtook him in April 2005. Intensive care specialist Dr. Lina Pavanelli has concluded that the ailing Pope's April 2 death was caused by what the Catholic Church itself would consider euthanasia. She bases this conclusion on her medical expertise and her own observations of the ailing pontiff on television, as well as press reports and a subsequent book by John Paul's personal physician. The failure to insert a feeding tube into the patient until just a few days before he died accelerated John Paul's death, Pavanelli concludes. Moreover, Pavanelli says she believes that the Pope's doctors dutifully explained the situation to him, and thus she surmises that it was the pontiff himself who likely refused the feeding tube after he'd been twice rushed to the hospital in February and March. Catholics are enjoined to pursue all means to prolong life.

The article, entitled "The Sweet Death of Karol Wojtyla" (using the Pope's birth name) appears in the latest edition of Micromega, a highbrow Italian bi-monthly that has frequently criticized the Vatican's stance on bioethics. The author, who heads the anesthesiology and intensive care therapy school at the University of Ferrara, says she decided to revisit the events around John Paul's death after the Vatican took a hard line in a controversy last year in Italy over euthanasia. Indeed her accusations are grave, questioning the Catholic Church's strictly traditional stances on medical ethics, including the dictum from John Paul's own 1995 encyclical Evangelium Vitae to use all modern means possible to avoid death.

Recalling the Vatican's medical reports during John Paul's last days, Pavanelli writes: "I'm surprised that I myself failed to critically examine the information. I let my perceptions conform to the hope of recovery and the official version, without confronting the clinical signs that I was seeing." While the Vatican had expressed most of its concern about breathing difficulty, which was alleviated with a tracheotomy, Pavanelli says a readily apparent loss of weight, and an apparent difficulty to swallow, was not being addressed. "The patient had died for reasons that were clearly not mentioned. Of all the problems of the complicated clinical picture of the patient, the acute respiratory insufficiency was not the principal threat to the life of the patient. The Pope was dying from another consequence of the effects on the [throat] muscles from his Parkinson's Disease... not treated: the incapacity to swallow."

The Vatican quickly fired back this week. John Paul's longtime doctor Renato Buzzonetti, who now monitors Pope Benedict XVI, said that doctors and John Paul himself all acted to stave off death. "His treatment was never interrupted," Buzzonetti told the Rome daily La Repubblica. "Anyone who says otherwise is mistaken." He added that a permanent nasal feeding tube was inserted three days before the Pope's death when he could no longer sufficiently ingest food or liquids. Buzzonetti did not specifically respond to Pavanelli's claim that John Paul needed a tube weeks, not days, before he eventually died.

The polemics come just as the Vatican again weighed in on euthanasia. The Church's doctrinal office released a one-page document, approved by Benedict, that denounced the cutting off of food and water to patients in a vegetative state even if they would never regain consciousness. This reaffirmed John Paul's stance in 2004 during the battle over ending artificial feeding for the severely brain-damaged Terri Schiavo, who was later taken off her feeding tube and died.

"The administration of food and water even by artificial means is, in principle, an ordinary means of preserving life," said the Vatican ruling, which came in response to questions from the U.S. Catholic Bishops Conference about what constitutes ordinary and extraordinary life support.

The issue of euthanasia and the Church heated up in Italy last year after a man named Piergiorgio Welby, who'd been on life support for nine years from the effects of muscular dystrophy, asked for the right to die. Eventually, the life support was suspended and he died. But when his wife, a practicing Catholic, asked for a funeral in Church, the Vatican refused. Pavanelli says that this episode prompted her to revisit John Paul's death.

The medical aspects of the Pope's final days are clearly difficult to verify from afar, and the Vatican is convinced that the actions of the both its doctors and its Pope were in absolute good faith. Of course, medical opinions can often vary. So too can those on bioethics.

9.18.2007

I medici, l'eutanasia e la morte di Wojtyla

Paolo Flores D’Arcais
La Repubblica, 18 settembre 2007


Caro Direttore, per ironia della sorte, o per Disegno della Provvidenza, il numero di Micro-Mega che contiene la dettagliata ricostruzione della eutanasia di Karol Wojtyla è uscito lo stesso giorno (venerdì scorso) in cui la Santa Sede ribadiva solennemente che la mancata somministrazione di nutrimento, se necessario per via artificiale -non solo al malato grave, ma perfino ad un corpo umano in stato vegetativo e con encefalogramma piatto - costituiva comportamento eutanasico. Ovvio, perciò, che nei giorni immediatamente successivi, il medico curante di Giovanni Paolo II si sia affrettato a negare le "voci" sulla "buona morte" del pontefice (proprio in una intervista a Orazio La Rocca, pubblicata con grande evidenza da questo giornale).

Il professor Buzzonetti ha preferito non citare il lungo e dettagliato saggio pubblicato da MicroMega, a firma della professoressa Pavanelli, anestesista (già direttore della scuola di specializzazione in Anestesia e rianimazione dell'università di Ferrara), perché, parlando genericamente di "voci", hapotuto cosi evitare di dover entrare nel merito della ricostruzione stessa. Ma è proprio la smentita di Buzzonetti che non smentisce nulla. Non smentisce e non può smentire, infatti, una ricostruzione che la professoressa Pavanelli ha condotto utilizzando esclusivamente documenti ufficiali della Santa Sede e dell'entourage del Papa, e in particolare il libro dello stesso Renato Buzzo-netti ("Lasciatemi andare - la forza nella debolezza di Giovanni Paolo II", edizioni San Paolo, 2006) che riprende, sistematizza e approfondisce i bollettini medici quotidianamente emessi a suo tempo.

Del resto, il professor Buzzonetti si concentra sugli "ultimi istanti" di Karol Wojtyla, benché la professoressa Pavanelli non di auesti "ultimi istanti" si sia occupata, sui quali non avanza alcun rilievo, bensì dei due mesi precedenti la morte del Papa. Lina Pavanelli, infatti, mette aconfronto i dati clinici su questi due mesi forniti da Buzzonetti (e i comunicati del portavoce della Santa Sede Navarro-Valls), con i documenti di etica medica dell'ortodossia cattolica, dall'enciclica "Evangelium vitae" che ha caratterizzato il pontificato di Karol Wojtyla, ai Quaderni di Scienza e Vita, e infine al testo del Comitato nazionale per la bioetica del 30 settembre 2005, in cui la maggioranza cattolica, con il voto contrario di tutti i laici, tentava di imporre le norme dell'"Evangelium vitae" alla legislazione italiana.

Tutti questi testi dicono chiaramente che: 1) l'alimentazione e l'idratazione dei pazienti, anche se in stato vege-tativopersistente, deve essere somministrata comunque; 2) non vi è distinzione tra un atto che affretta la morte e una omissione che provoca la stessa conseguenza: in entrambi i casi si tratta di eutanasia.

La dottrina ufficiale della 'Chiesa (che a molti tra noi laici appare semplicemente mostruosa, perché non rispetta la volontà del malato terminale, nel caso non voglia più soffrire la tortura cui è ormai ridotta la sua vita) è perciò assolutamente chiara: non nutrire artificialmente un paziente, se tale mancata nutrizione affrettala suamor-te, significa partecipare ad un atto eutanasico.

Ora, il dettagliatissimo saggio di Lina Pavanelli dimostra esattamente questo: nelle settimane che precedono la sua morte, Karol Wojtyla diventa progressivamente incapace di alimentarsi, tanto è vero che dimagrisce a vista d'occhio (15 chili secondo l'agenzia AdnKronos, 19 chili secondo la Repubblica, nel giro di due settimane!), ma il sondino nasogastrico per l'alimentazione artificiale gli viene applicato solo "l'ultimo giorno prima del crollo finale".

Giovanni Paolo II, insomma, non è morto ne per una crisi respiratoria ne per il Parkinson, ma a causa di una mancata nutrizione che, se somministrata come da morale cattolica, lo avrebbe fatto vivere più a lungo. Quanto più a lungo non sappiamo, ovviamente. Ma certamente "ancora a lungo".

Non posso qui riprodurre le minuziose argomentazioni cliniche della professoressa Pavanelli, esposte però con una chiarezza didattica tale che anche il non medico riesce a seguirle perfettamente. Il saggio si domanda anche come mai dei medici cattolici abbiano compiuto una scelta incompatibile con il magistero della Chiesa. E anche qui, con una indagine minuziosa e logicamente ineccepibile, la Pavanelli arriva alla conclusione che il rifiuto della nutrizione artificiale non può essere venuto che dalla volontà dello stesso Papa. Se i medici non lo avessero avvertito della situazione e delle conseguenze, o avessero agito senza il suo consenso, infatti, avrebbe compiuto un reato perseguibile penalmente (non un suicidio assistito, ma un omicidio di non-consenziente: un omicidio tout court, insomma). Il che è impensabile.

Che nessuna smentita sia in realtà venuta dalla "smentita" del professore Buzzonetti, è confermato del resto da un episodio tanto sconcertante quanto significativo. Il giorno prima che Buzzonetti concedesse l'intervista a la Repubblica, sulla prima pagina del Corriere della Sera usciva un articolo di Luigi Accattoli, vaticanista notissimo, nel quale si riconosceva la contraddizione insanabile tra dottrina cattolica e mancata nutrizione artificiale del Papa, ma si rispondeva che in realtà tale nutrizione c'era stata, anche se i comunicati ufficiali l'avevano taciuta.

Accattoli accredita tale sua ricostruzione parlando di una personale "inchiesta tra le persone che accostarono il Papa lungo l'ultimo mese". Ora, sarebbe interessante sapere chi sono queste "persone", visto che il capo dello staff medico (cioè delle uni-che persone che potevano inserire il sondino nasogastrico) nella sua intervista del giorno dopo a Repubblica, non fa parola della " scoperta" di Accattoli.

Viene perciò il sacrosanto dubbio che imprecisati, ma evidentemente più che ufficiali, ambienti vaticani, nella veste di ancor più imprecisate "persone", vogliano accreditare in forma ufficiosa una nuova versione ad hoc delle ultime settimane del Papa, visto che quella ufficiale fin qui reiterata non potrebbe sot-trarsi alla circostanziata accusa di eutanasia (secondo la definizione di eutanasia della Chiesa cattolica, sia chiaro).

Ecco perché, la prossima settimana MicroMega organizzerà una conferenza stampa, in cui la professoressa Pavanelli risponderà a tutte le obiezioni con ogni dettaglio possibile. Inutile dire che a tale conferenza stampa, e per un pubblico confronto, MicroMega invita fin da ora il professor Buzzonetti, l'ex portavoce della Santa Sede Navarro-Valls (che oltre tutto è medico) e il suo successore padre Lombardi, Luigi Accattoli, e tutte le "persone" che hanno assistito Karol Wojtyla nelle ultime settimane di vita.

9.17.2007

La dolce morte di Papa Wojtyla. Una risposta

di Lina Pavanelli
http://micromega.repubblica.it/micromega/2007/09/la-dolce-morte-.html

«La dolce morte di Papa Wojtyla», il mio articolo comparso sull’ultimo numero di MicroMega, ha già provocato numerose reazioni. Sulla stampa nazionale sono comparse, fino ad ora, due pubblicazioni di rilievo: l’articolo di Luigi Accattoli sul Corriere della Sera del 15 settembre, dal titolo «Quel sondino che nutriva Wojtyla (ma l’annuncio arrivò molto dopo)», e l’intervista di Orazio La Rocca al medico personale di Karol Wojtyla, il Prof. Renato Buzzonetti, «Così mori Papa Wojtyla», comparsa su La Repubblica il 16 settembre.

Sento la necessità dare una breve risposta ad entrambe.

Il primo pezzo è un’inchiesta “tra le persone che accostarono il Papa nell’ ultimo mese”. Propone una ricostruzione “giornalistica” della “vicenda del sondino” in cui si afferma che - anche se non è stato comunicato ufficialmente - il Papa è stato nutrito saltuariamente per via enterale. In base a tale ricostruzione, il sondino naso-gastrico sarebbe stato inserito e tolto più volte. L’informazione, così come viene presentata, è imbarazzante da commentare da un punto di vista medico: ci troviamo di fronte ad una situazione in cui il paziente già defedato, che non è e non sarà mai più in grado di alimentarsi autonomamente, viene sottoposto ad un trattamento che comporta procedure ripetute che, per la patologia che lo affligge, sicuramente lo tormentano e che, a causa delle interruzioni, è di un’efficacia molto ridotta.
Se anche le informazioni fornite ad Accattoli fossero vere, il dato fondamentale rimane inalterato: per qualche motivo, nel periodo che va dal 2 febbraio al 30 marzo il Santo Padre non è stato nutrito a sufficienza, e per questo è andato incontro ad un grave deficit nutrizionale. Lo affermano le fonti d’agenzia di allora, mai smentite. Lo conferma il prof. Buzzonetti nel suo libro. L’archiatra pontificio ripete oltretutto proprio ieri (su Repubblica) che il papa “da quel giorno (30 marzo) fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale.” La frase non è ambigua: mi sembra voglia dire chiaramente che l’alimentazione enterale è stata iniziata proprio quel giorno. Se così non fosse, è sufficiente che lo spieghi. Per quel che mi riguarda, non posso che rimanere sconcertata di fronte alla discordanza fra la fonte ufficiale e quelle ufficiose.
C’è poi un passaggio, nell’ articolo di Accattoli, su cui desidero fare una precisazione. E’ il punto dove dice: “La Pavanelli viene a esprimere comprensione per il comportamento dei medici, che – constatando la gravità della situazione del papa ormai senza prospettive di guarigione - l’avrebbero lasciato deperire giorno dopo giorno”. Vorrei specificare che la mia comprensione non è nei confronti di persone che hanno “lasciato che il paziente deperisse”, ma è dovuta al fatto che intuisco i motivi per cui non hanno potuto impedire che ciò accadesse.

Nell’articolo-intervista di Orazio La Rocca al prof. Buzzonetti non ci sono riferimenti diretti al mio lavoro. L’archiatra pontificio afferma di aver deciso di parlare, a distanza di due anni, “per controbattere quelle voci che si sono recentemente levate per avanzare dubbi e sospetti intorno agli ultimi istanti di vita di Karol Wojtyla”.
Non so a chi si riferisca dicendo “quelle voci”. Ho seri dubbi che si tratti del mio articolo e, a dir la verità, dubito anche che fosse a conoscenza del contenuto. Chi l’ha letto infatti sa che non ho mai messo in dubbio l’adeguatezza e la tempestività delle cure somministrate negli ultimi giorni di vita del Santo Padre. Al contrario, sono convinta che in quel frangente sia stato fatto per il paziente tutto il possibile, e che probabilmente nessuno avrebbe potuto fare di meglio.
Il mio saggio non si occupa delle ultime ore di vita di Karol Wojtyla, e nemmeno del suo atteggiamento nell’imminenza della morte o del comportamento dei medici. Il testo ricostruisce sì il decorso clinico del paziente - e riporta perciò anche alcune notizie relative gli ultimi giorni della sua vita - però si occupa essenzialmente dei due mesi precedenti l’evento acuto finale.
Nell’intervista a Repubblica il prof. Buzzonetti parla invece solo degli ultimi giorni e delle ultime ore. Discute del significato che può aver avuto la frase “lasciatemi andare” e della qualità della sua comunicazione personale con il paziente. Precisa che non si è trattato di “una richiesta indiretta di eutanasia rivolta ai medici”. La Rocca fa poi domande sempre concentrate sulle ultime ore o sul senso di questa frase di Wojtyla, sulla possibilità che essa contraddica o no la sua dottrina. Ipotizza una possibile “interruzione di cure” allo stadio finale, quando il paziente non fu portato in ospedale.
Tutto ciò può interessare. Questi argomenti sono però totalmente estranei a ciò di cui ho scritto nel mio articolo, come pure alle questioni che esso solleva. Il mio interesse è focalizzato sul periodo che precede il 30 marzo. L’analisi delle informazioni di cui dispongo mi ha portato a concludere che, per qualche ragione non spiegata da motivi clinici, nei due mesi antecedenti la morte, il paziente non ha ricevuto una quantità di nutrimento sufficiente e non ha usufruito in tempo utile di quei presidi terapeutici che sono normali per molti malati con patologie simili. In seguito a queste mancanze, il suo organismo è andato incontro ad un grave decadimento globale con conseguente marcato dimagramento e – soprattutto – ad una depressione del sistema immunitario. La somma di questi fattori ha determinato la gravità dell’infezione che ha portato il paziente a morte.

In attesa di prove che dimostrino il contrario, rimango di questa opinione. Come medico, ritengo questa la versione più attendibile.

9.16.2007

Il medico del papa rompe il silenzio

di Orazio La Rocca
La Repubblica, 16 settembre 2007

"A Wojtyla non fu staccata la spina"
Il professore che lo curava parla per la prima volta dopo la morte di Giovanni Paolo II: "Le cure non furono mai interrotte" Buzzonetti, il suo medico: nessuna eutanasia, assistito sino alla fine "La frase: ‘lasciatemi andare al Signore’
era solo una forma di preghiera ascetica"

CITTÀ DEL VATICANO - "Papa Giovanni Paolo II è stato assistito fino all'ultimo istante della sua vita, quando alle 21,37 del 2 aprile 2005 spirò. È vero che prima aveva detto ai medici 'Lasciatemi andare dal Signore'. Ma quella fu una frase ascetica, una altissima forma di preghiera finale di un uomo che stava soffrendo tanto e che sentiva il forte desiderio di voler avvicinarsi al Padre Celeste. Non fu, certamente, una manifestazione di rinunzia o una forma di resa anticipata alla vita. E tantomeno un invito rivolto ai medici curanti a staccare la spina o a interrompere l'assistenza, quasi una indiretta scelta di eutanasia come qualcuno vorrebbe adombrare. Chi pensa questo, sbaglia".

Dopo circa 2 anni e mezzo dalla morte di papa Wojtyla, rompe il silenzio il professor Renato Buzzonetti (archiatra pontificio), medico personale di Giovanni Paolo II fin dal 1978 ed ora responsabile della salute di Benedetto XVI. Lo fa per controbattere - puntualizza - quelle voci che si sono recentemente levate per avanzare dubbi e sospetti intorno agli ultimi istanti di vita di Karol Wojtyla.

Professor Buzzonetti, papa Ratzinger giovedì scorso, attraverso un nuovo intervento della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha ribadito che un ammalato in coma vegetativo permanente deve essere sempre alimentato con cibo ed acqua, anche con l'aiuto di una macchina. Giovanni Paolo II disse, invece, di volersene andare e fu accontentato. Non è un controsenso?
"Assolutamente no. Quella frase, 'Lasciatemi andare dal Padre', fu un atto di preghiera altissima, di profondo ascetismo, un esempio originale e quasi unico di attaccamento alla fede di Dio Padre e, nello stesso, tempo, alla vita, che Giovanni Paolo II ha amato profondamente fino all'ultimo istante".

Eppure dopo quella frase pronunziata verso le 15,30 del 2 aprile 2005, le cure furono interrotte e dopo qualche ora il Papa morì. Perché la volontà di Giovanni Paolo II fu rispettata e per altri pazienti nelle stesse condizioni non si potrebbe fare altrettanto?
"Non è vero che le cure al Santo Padre furono interrotte. La sua è stata una lunga Passione. Quando il 30 marzo si affacciò per l'ultima volta alla sua finestra non riuscì nemmeno a parlare. Ma non si arrese. Da quel giorno fu sottoposto a nutrizione enterale mediante il posizionamento permanente di un sondino naso-gastrico, perché non era più nelle condizioni di nutrirsi per via orale. La fleboclisi gli è stata applicata e assicurata fino alla fine, senza nessuna interruzione. Quando giovedì 31 marzo accusò un gravissimo shock settico con collasso cardiocircolatorio a causa di una infezione delle vie urinaria, fu sottoposto a tutti gli appropriati provvedimenti terapeutici e di assistenza cardiorespiraroria".

Perché non fu riportato in ospedale?
"Glielo chiese espressamente il segretario, monsignor Stanislao Dziwisz. Ma il Santo Padre volle restare in Vaticano dove poteva comunque contare sempre su una ininterrotta e qualificata assistenza medico-specialistica, 24 ore su 24, con personale altamente specializzato".

E poi, nel pomeriggio del 2 aprile, pronunziò quella frase ...
"Sì, lo confidò con un filo di voce in polacco a suor Tobiana mentre lo stava accudendo vicino al letto. Quando la suora uscì dalla stanza ci disse che il Papa le aveva detto di "voler essere lasciato andare dal Signore". Ripeto, fu un invito mistico, una altissima preghiera recitata da un uomo che sentiva che ormai stava per completare la sua avventura terrena. Ma non fu mai lasciato solo, senza presidi e senza assistenza, come qualcuno erroneamente vorrebbe insinuare. Fu per tutti noi che gli stavamo vicini una ennesima grande lezione di vita. Una preghiera recitata fino alla fine, con un debolissimo filo di voce, impercettibile, sussurrata, ma profonda. La preghiera di un santo che ha amato la vita fino a quando il buon Dio lo ha chiamato a sé".
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