5.20.2005

PROIEZIONE DEL FILM "KAROL, UN UOMO DIVENTATO PAPA"

Alle 17.30 di questo pomeriggio, nell’Aula Paolo VI, alla presenza del Santo Padre Benedetto XVI, ha luogo la proiezione del film "Karol, un uomo diventato Papa".

Pubblichiamo di seguito il discorso che Benedetto XVI pronuncia al termine della proiezione:
* DISCORSO DEL SANTO PADRE


Cari fratelli e sorelle!

Sono certo di interpretare i comuni sentimenti, esprimendo viva gratitudine a quanti hanno voluto, questa sera, offrire a me e a tutti voi la visione di questo film, che ripercorre le tappe della vita del giovane Karol Wojty?a, seguendolo poi sino alla sua elezione a Pontefice con il nome di Giovanni Paolo II. Saluto e ringrazio il Signor Cardinale Roberto Tucci, che ci ha introdotto alla visione del film. Rivolgo poi una parola di vivo apprezzamento al regista e sceneggiatore Giacomo Battiato e agli attori, con un pensiero speciale per Piotr Adamczyk, interprete del Protagonista, per il produttore Pietro Valsecchi e per le Case di produzione Taodue e Mediaset. Saluto cordialmente gli altri Signori Cardinali, i Vescovi, i Sacerdoti, le Autorità e tutti coloro che hanno voluto intervenire a questa manifestazione in onore dell’amato Pontefice recentemente scomparso. Lo ricordiamo tutti con profondo affetto e intima gratitudine. Proprio ieri egli avrebbe celebrato il suo 85.mo compleanno.

"Karol, un uomo diventato Papa" è il titolo dello sceneggiato tratto da un testo di Gian Franco Svidercoschi. La prima parte mette in evidenza quanto accadde in Polonia sotto l’occupazione nazista, con riferimenti talora emotivamente molto forti alla repressione del popolo polacco e al genocidio degli ebrei. Si tratta di atroci crimini che mostrano tutto il male che racchiudeva in sé l’ideologia nazista. Scosso da tanto dolore e tanta violenza, il giovane Karol decise di imprimere una svolta alla propria vita, rispondendo alla chiamata divina al sacerdozio. La pellicola presenta scene ed episodi che, nella loro crudezza, suscitano in chi guarda un istintivo moto di orrore e lo spingono a riflettere sugli abissi di nequizia che possono nascondersi nell’animo umano. Al tempo stesso, la rievocazione di simili aberrazioni non può non ravvivare in ogni persona di retto sentire l’impegno a fare quanto è in suo potere perché mai più abbiano a ripetersi vicende di così inumana barbarie.

L’odierna proiezione si tiene a pochi giorni dal 60° anniversario della fine della seconda guerra mondiale. L’8 maggio 1945 si concludeva quell’immane tragedia che aveva seminato in Europa e nel mondo, in misura mai sperimentata prima, distruzione e morte. Giovanni Paolo II, dieci anni or sono, scrisse che il secondo conflitto mondiale appare con sempre maggiore chiarezza come "un suicidio dell’umanità". Ogni volta che un’ideologia totalizzante calpesta l’uomo, l’umanità intera è seriamente minacciata. Col trascorrere del tempo, i ricordi non devono impallidire; devono piuttosto farsi lezione severa per la nostra e per le future generazioni. Abbiamo il dovere di ricordare, specialmente ai giovani, a quali forme di inaudita violenza possano giungere il disprezzo dell'uomo e la violazione dei suoi diritti.

Come non leggere alla luce di un provvidenziale disegno divino il fatto che sulla cattedra di Pietro, ad un Pontefice polacco sia succeduto un cittadino di quella terra, la Germania, dove il regime nazista poté affermarsi con grande virulenza, attaccando poi le nazioni vicine, tra le quali in particolare la Polonia? Entrambi questi Papi in gioventù – seppure su fronti avversi e in situazioni differenti – hanno dovuto conoscere la barbarie della seconda guerra mondiale e dell’insensata violenza di uomini contro altri uomini, di popoli contro altri popoli. La lettera di riconciliazione, che negli ultimi giorni del Concilio Vaticano II, qui a Roma, i Vescovi polacchi consegnarono ai Vescovi tedeschi, conteneva quelle famose parole che anche oggi continuano a risuonare nel nostro animo: "Perdoniamo e chiediamo perdono". Nell’omelia di domenica scorsa ricordavo ai neo sacerdoti che "nulla può migliorare nel mondo se il male non è superato, e il male può essere superato solo con il perdono". La comune e sincera condanna del nazismo, come del comunismo ateo, sia per tutti un impegno a costruire sul perdono la riconciliazione e la pace. "Perdonare – ricordava ancora l’amato Giovanni Paolo II – non significa dimenticare", ed aggiungeva che "se la memoria è legge della storia, il perdono è potenza di Dio, potenza di Cristo che agisce nelle vicende degli uomini" (Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVII/2 [1994], p. 250). La pace è anzitutto dono di Dio, che fa germinare nel cuore di chi l’accoglie sentimenti di amore e di solidarietà.

Auspico che, grazie anche alla testimonianza di Papa Giovanni Paolo II rievocata da questa significativa produzione cinematografica, si ravvivi in tutti il proposito di operare, ciascuno nel proprio campo e secondo le proprie possibilità, a servizio di una decisa azione di pace in Europa e nel mondo intero. Affido gli auspici di pace che tutti portiamo nel cuore alla materna intercessione della Vergine Maria, particolarmente venerata in questo mese di maggio. Sia Lei, la Regina della pace, a confortare gli sforzi generosi di quanti intendono impegnarsi nell’edificazione della pace vera sui saldi pilastri della verità, della giustizia, della libertà e dell’amore. Con tali sentimenti, imparto a tutti la Benedizione Apostolica.

[00616-01.02] [Testo originale: Italiano]

Prima di assistere alla proiezione del film "Karol, un uomo diventato Papa", Benedetto XVI partecipa, nell’Auletta dell’Aula Paolo VI, alla cerimonia di conferimento a suo fratello, Mons. Georg Ratzinger, dell’onorificenza "Österreichisches Ehrenkreuz für Wissenschaft und Kunst, Erste Klasse (Croce d’onore austriaca di prima classe per la scienza e l’arte).

L’onorificenza, consegnata dall’Ambasciatore d’Austria presso la Santa Sede, Dr. Helmut Türk, è stata attribuita a Mons. Georg Ratzinger dal Presidente austriaco, Dr. Heinz Fischer, il 7 dicembre 2004, per i suoi stretti legami culturali e sacerdotali con la Repubblica Austriaca.

[B0287-XX.02]

Le fondateur des Légionnaires du Christ accusé de maltraitances sexuelles

MEXIQUE Marcial Maciel est accusé d'abus sexuels par des dizaines de séminaristes de ce puissant mouvement catholique

Mexico : Christine Granger
[LE FIGARO, 20 mai 2005]

Lorsque le Mexicain Marcial Maciel fonde la Légion du Christ en 1941, c'est un jeune homme fougueux qui rêve «d'étendre le règne de Jésus dans la société, selon les exigences de la justice et de la charité». Âgé de 85 ans, ce proche du précédent pape Jean-Paul II est aujourd'hui le fondateur d'une des congrégations les plus puissantes du monde catholique, mais aussi le protagoniste d'une affaire qui commencerait seulement à révéler son ampleur. Accusé depuis de longues décennies d'abus sexuels, blanchi ou épargné par la justice, Marcial Maciel est l'objet d'une nouvelle enquête qui vient de connaître un développement décisif dans son pays d'origine.
Un prélat de la Congrégation pour la doctrine de la foi, Charles Scicluna, s'est en effet rendu en avril dernier à Mexico pour recueillir les témoignages de victimes, ou de leur famille. Une première, qui s'est déroulée derrière les murs d'un monastère. Pendant douze jours, une trentaine d'anciens élèves des séminaires de la Légion s'y sont rendus pour raconter comment leur directeur spirituel aurait abusé d'eux, les entraînant à l'infirmerie, ou dans ses appartements. Des faits qui se seraient déroulés pour l'essentiel à Rome, dans les années 50 et 60, sur de jeunes novices âgés de 12 à 17 ans.
Près d'un demi-siècle plus tard, ces derniers demandent justice. «Marcial inculquait une image sainte de lui-même aux enfants, se souvient José Barba, porte-parole des victimes et professeur d'université à Mexico. Il nous faisait croire qu'en donnant notre vie à Dieu nous n'étions plus propriétaires de rien, ni de notre âme, ni de notre corps.» «Je sais que Scicluna est retourné à Rome très impressionné par nos témoignages, ajoute Juan José Vaca, ancien prêtre qui vit à New York après avoir passé trente ans dans la Légion. On espère qu'après tout ça, il se passera quelque chose.»
Un voeu qui est longtemps resté lettre morte, malgré une suspension de Maciel entre 1956 et 1959 et plusieurs dénonciations postérieures. L'une d'entre elles, en 1995, fut directement déposée auprès de la Congrégation pour la doctrine de la foi. Cette puissante instance était alors dirigée par le cardinal Joseph Ratzinger, qui n'a pas donné suite dans l'immédiat. «Le futur Benoît XVI n'a pas voulu s'attaquer à un homme de plus en plus influent au Vatican, qui plus est proche de Jean-Paul II», soutient Juan José Vaca.
La Légion, qui selon Pie XII doit «former et gagner au Christ les leaders d'Amérique latine et du monde», règne en effet sur un véritable empire. Présente dans une vingtaine de pays, mais peu active en France, elle contrôle aujourd'hui cent cinquante collèges, une trentaine d'universités et plus de 600 centres d'éducation où se forment des milliers de laïques. Son bras séculier, un mouvement international nommé Regnum Christi, rassemble 65 000 membres avec une prédilection pour les élites politiques et économiques. Au sein même de l'Église, la Légion a multiplié le nombre de ses clercs par dix depuis 1995 avec 600 prêtres mais aussi et surtout 2 600 séminaristes dûment sélectionnés.
Cet engagement missionnaire militant a valu à Marcial Maciel les faveurs de Jean-Paul II, jusque dans ses derniers jours. Le 30 novembre dernier, lors du soixantième anniversaire de l'ordination du prélat mexicain, le Pape l'a ainsi personnellement félicité tout en louant le travail réalisé par les légionnaires. Il leur a en outre confié la gestion d'un centre important d'accueil des pèlerins à Jérusalem. Quelques jours après, le cardinal Ratzinger rouvrait pourtant le dossier Maciel. Celui qui aurait confessé ses victimes et leur aurait donné l'absolution après avoir abusé d'elles pourrait être poursuivi pour abus sexuel et violation du sacrement de la confession, passible d'excommunication
Pour l'écrivain américain Jason Berry, qui présentait il y a quelques jours à Mexico un livre consacré à «l'Abus de pouvoir pendant la papauté de Jean-Paul II», cette procédure serait «une occasion unique de restaurer la crédibilité de l'Église». «Maciel est un problème énorme pour Benoît XVI parce qu'il est le symbole d'un scandale mondial, explique-t-il. Dans cette affaire qu'il connaît particulièrement bien, le Pape doit démontrer aux catholiques son engagement pour la justice.»
Il s'agit peut-être, aussi, d'éteindre l'incendie avant qu'il n'échappe à tout contrôle. D'autres plaintes arrivent aujourd'hui d'institutions de la Légion en Espagne ou au Mexique. D'autres témoignages, impliquant directement Marcial Maciel, porteraient le nombre de ses victimes à deux cents. Des accusations que le chef des légionnaires, qui a quitté ses fonctions en janvier, invoquant son grand âge, a toujours niées.

5.19.2005

Benoît XVI, un mois après l'élection

article publié le 18-05-2005 sur le site www.la-croix.com

Un mois après son élection, Benoît XVI a déjà imprimé un nouveau style. Le nouveau pape intervient moins souvent que son prédécesseur, mais ses orientations sont déjà clairement définies
Benoît XVI a été élu très vite, et massivement. Cela ne veut pas dire que le collège des cardinaux était unanime – un cardinal, d’ordinaire rangé dans l’aile libérale du collège cardinalice, serait, dit-on, rentré chez lui très abattu après ce conclave éclair. Mais la très large majorité qui l’a élu, et la confiance dont il est investi, lui donnent une grande liberté d’action. Ainsi peut-on tenter de dégager, à travers ce premier mois de ministère, des indices qui suggèrent des chemins pour le nouveau pontificat.
Le pape lui-même a été la première surprise. Hors des cercles informés, du petit monde des théologiens, qui connaissait vraiment Joseph Ratzinger ? La fonction difficile qu’il occupait – le gardien de la doctrine peut-il se rendre sympathique, sauf à ne pas remplir son office ? – a d’autant plus masqué l’homme derrière sa réputation qu’il l’a exercée longtemps.
Deux images, deux fois la même, ont suffi à ruiner cette ridicule épithète de Panzerkardinal dont il était trop facile d’affubler un prélat allemand amené par sa fonction à trancher des situations conflictuelles. Sa réserve et sa réelle timidité ne sont jamais mieux apparues qu’en ces deux instants où, tant aux obsèques de Jean-Paul II que pour la messe inaugurale de Benoît XVI, il est sorti de la pénombre rassurante de la basilique Saint-Pierre pour entrer dans la lumière éblouissante de la place Saint-Pierre, seul soudain face à l’immense foule.

Un homme peu habitué à la lumière

Tout de suite il a été clair que cet homme était en privé d’un abord affable mais pas préparé au contact physique de la foule. Au fil des jours, Benoît XVI s’est détendu, même s’il semble encore emprunté, seul, debout, à devoir saluer et bénir, parfois longuement, pendant que la voiture qui le porte serpente parmi les gens qui l’acclament. Le conseiller, l’ami proche, qui, sans pour autant travailler dans l’ombre, n’ignorait rien de la fonction papale telle que vécue par Jean-Paul II, n’est pas encore habitué à cette lumière. Mais sans avoir peut-être le sens de la foule de son prédécesseur, il s’adapte à un exercice auquel la théologie ne prépare pas vraiment.
Benoît XVI, on l’a dit, est timide. Mais quand il parle, il est transformé. Tous les évêques français venus l’an passé en visite ad limina ressortaient impressionnés de leur visite à la Congrégation pour la doctrine de la foi, sous le charme du cardinal Ratzinger et de ses réponses précises, claires et argumentées. Aujourd’hui, les Romains ont mesuré combien leur évêque est un théologien, un intellectuel de premier plan. Ses homélies sont denses et ont tout de suite fait sens dans un domaine où il était très attendu, celui de sa conception du ministère de Pierre. Des homélies de sa main, tant elles portent sa marque, construites, pédagogiques, à défaut d’être faciles à écouter.
À Rome aujourd’hui, on relit beaucoup les écrits théologiques du cardinal Ratzinger pour y chercher des pistes pour l’avenir. Quelques livres sont même en rupture de stock, comme son récent dialogue sur l’Europe, ses racines, le christianisme et le relativisme, avec le président du Sénat italien. Dans le quotidien de l’épiscopat Avvenire, Mgr Bruno Forte, archevêque de Chieti, souligne la dimension d’homme de dialogue du cardinal Ratzinger, qui ne cherche pas à imposer la vérité, mais «pose et accueille les vraies questions et n’offre jamais de réponses qui ne soient rigoureusement argumentées».

Un «pape ami de la raison»

Dès lors, comment s’étonner que ce «pape ami de la raison», titre de l’article de Mgr Forte dans le même journal, s’exprime libéré du carcan de sa fonction précédente. Son engagement réaffirmé pour l’œcuménisme le voit, pour prendre ce seul exemple, envoyer une lettre amicale aux réformés français en synode, qui notent tout de suite qu’il a employé à leur égard le mot Église.
Aux diplomates accrédités, il se dit prêt à nouer des relations avec les États qui ne l’ont pas encore fait et abritent d’importantes communautés chrétiennes. Une liste très éclairante : Chine, Vietnam, Corée du Nord, Arabie saoudite… Les juifs sont évoqués dès sa première homélie dans la Sixtine, le rabbin de Rome reçoit une lettre et Benoît XVI annonce comme une chose normale qu’il visitera la synagogue de Cologne lors des JMJ. Un pape allemand dans une synagogue brûlée par les nazis.
Dialogue donc, mais dialogue en vérité. Où chacun sait qui il est et quelle est sa foi, sans vouloir passer pour ce qu’il n’est pas. Jusque sur les premiers timbres du Vatican le représentant – ils seront émis le 24 mai – il le dit : «Nous avons un pape», «Tu es Pierre» et «Évêque de Rome». Les mots font sens : Benoît XVI n’a pas renoncé au dialogue sur la primauté que proposa Jean-Paul II dans Ut unum sint.
De même pour la collégialité : ce n’est sans doute pas un hasard si l’évêque de Rome, le jour où il prend possession de sa cathédrale, explique la différence entre le travail des savants théologiens et la potestas docendi, le pouvoir d’enseigner, «la voix de l’Église vivante, confiée à Pierre et au collège des apôtres jusqu’à la fin des temps». Le prochain Synode des évêques d’octobre, probablement dans un fonctionnement réformé, fournira peut-être quelques pistes supplémentaires.

Garder le temps de travailler

Benoît XVI enfin n’ignore pas qu’il a 78 ans révolus. Il veille à ne pas surcharger son emploi du temps – pas d’audiences privées pour des groupes – afin de trouver celui de travailler. Il voyagera, dès le 29 mai à Bari, dans le sud de l’Italie, mais sans doute pas au rythme de Jean-Paul II, plus jeune de vingt ans à son élection.
Le monde aussi a changé : Jean-Paul II privilégia la visite des Églises locales pour les encourager et les raffermir, Benoît XVI affronte aujourd’hui des problèmes devenus brûlants, touchant par exemple à la vie sous tous ses aspects. Il a déjà réaffirmé les principes, mais la rapide évolution des sciences exige une permanente adaptation pastorale.
Dès les premiers jours, le cardinal Camillo Ruini, vicaire du pape pour son diocèse, traduisait le sentiment des cardinaux : «Il va falloir s’habituer à une Église qui parle à voix haute parce que la situation l’impose, parce que c’est son devoir, plus encore que son droit.» Des mots qui portent, alors que le président de la Conférence épiscopale italienne invite les catholiques italiens à bloquer toute révision de la loi locale sur la bioéthique.

Yves PITETTE, à Rome

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Les livres du cardinal Joseph Ratzinger

Frères dans le Christ, Éd. Cerf, 1962, (nouvelle édition 2005), 117 p., 14 euros.
La foi chrétienne hier et aujourd’hui, Éd. Cerf 1969, (nouvelle édition pour l’an 2000), 266 p., 25 euros.
Le Dieu de Jésus-Christ : méditations sur Dieu-Trinité, Éd. Fayard, 1977, 130 p., 9 euros.
L’unité de la foi et le pluralisme théologique, CLD, 1978, 150 p., 6,10 euros.
Vivre sa foi, Éd. Mame, 1981, 500 p., 18,30 euros.
Instruction sur quelques aspects de la théologie de la libération, Éd. Téqui, 1984, 72 p., 2 euros.
Les principes de la théologie catholique : esquisse et matériaux, Éd. Téqui, 1985, 444 p., 17,50 euros.
La célébration de la foi : essai sur la théologie du culte divin, Éd. Téqui, 1985, 150 p., 9,15 euros.
Au commencement, Dieu créa le ciel et la terre : quatre sermons de Carême à Munich sur la création et la chute, Éd. Fayard, 1986, 92 p., 9,50 euros.
Le Ressuscité : retraite au Vatican, Éd. DDB, 1986, 180 p., 15 euros.
Église, œcuménisme et politique, Fayard, 1987, 365 p., 18,60 euros.
La théologie de l’histoire de saint Bonaventure, Éd. PUF, 1988, 224 p., 14,50 euros.
Église et théologie, Éd. Mame, 1992, 220 p., 15 euros.
Regarder le Christ : exercices de foi, d’espérance et d’amour, Éd. Fayard, 1992, 153., 13,60 euros.
Appelés à la communion : comprendre l’Église aujourd’hui, Éd. Fayard, 1993, 188 p., 16,80 euros.
La mort et l’au-delà : court traité d’espérance chrétienne, Éd. Fayard, 1994, 308 p., 18,60 euros.
Petite introduction au Catéchisme de l’Église catholique, Éd. Cerf, 1995, 90 p., 11 euros.
Un chant nouveau pour le Seigneur : la foi dans le Christ et la liturgie aujourd’hui, Éd. Desclée, 1995, 262 p., 23 euros.
Un tournant pour l’Europe ? Diagnostics et pronostics sur la situation de l’Église et du monde, Éd. Flammarion/Saint-Augustin, 1996, 167 p., 15 euros.
Le sel de la terre, entretiens avec Peter Seewald, Éd. Flammarion/Cerf, 1997 (nouvelle édition 2005), 278 p., 20 euros.
Ma vie, souvenirs (1927-1977), Éd. Fayard, 1998, 144 p., 13 eurs.
L’unique alliance de Dieu et le pluralisme des religions, Éd. Parole et Silence, 1999, 105 p., 12,50 euros.
La fille de Sion, Parole et Silence/Cahiers de l’École Cathédrale, 2002, 11 p., 12,50 euros.
Chemin vers Jésus, Éd. Parole et Silence, 2004, 171 p., 19 euros.
Faire route avec Dieu, Éd. Parole et Silence, 2003, 281 p., 20 euros.

Mgr Delly: la Constitution irakienne ne doit pas être basée que sur le Coran

AFP 19.05.05 | 13h35

Le patriarche de l'Eglise chaldéenne, principale Eglise d'Irak, Mgr Emmanuel Delly, a estimé jeudi que la future Constitution irakienne ne devait pas être basée "uniquement sur le Coran" même si "95% du peuple irakien est musulman"."95% du peuple irakien est musulman. Le gouvernement doit être musulman mais la source de la Constitution ne doit pas être uniquement le Coran", a déclaré Mgr Delly lors d'une conférence de presse.Les Chaldéens (catholiques), avec 600.000 fidèles, forment l'immense majorité des chrétiens d'Irak qui représentent 3% de la population.Mgr Delly a indiqué avoir évoqué la future Constitution avec le grand ayatollah Ali Sistani, le plus influent des chefs religieux chiites d'Irak qui, a-t-il affirmé, "ne veut pas un gouvernement uniquement pour les chiites ou pour les musulmans". Le Premier ministre Ibrahim al-Jaafari "dit la même chose", a-t-il ajouté.La Constitution doit "donner la liberté religieuse à tous les habitants irakiens mais aussi la liberté personnelle", a souligné Mgr Delly en assurant travailler "dans le camp religieux pour le bien des Irakiens musulmans et chrétiens".Interrogé sur la situation en Irak, Mgr Delly a déclaré : "les gens ont plus peur qu'avant" la chute de Saddam Hussein, "avant, il y avait la sécurité". En ce qui concerne les chrétiens, "c'est la même chose, il n'y a pas de différence", a-t-il ajouté. "Tout le monde est mécontent de la situation, à cause de ce chaos, de ce trouble", a-t-il dit.Il a appelé à résoudre les problèmes "par le dialogue". Prié de dire si lui-même dialoguait avec les Américains en Irak, il a répondu : "autant que possible, j'évite personnellement de les rencontrer. Ce sont des occupants. Les occupés ne veulent pas être occupés", a-t-il souligné.Interrogé sur la présence de missionnaires américains en Irak, Mgr Delly a affirmé que "ce ne sont pas des missionnaires". "Il y a du commerce, de l'argent", a-t-il dit.Il a indiqué par ailleurs avoir nommé "un visiteur patriarcal pour l'Europe", où vivent selon lui 70.000 Chaldéens.Mgr Delly, qui effectue depuis le 12 mai sa première visite pastorale en France, a notamment rencontré le président Jacques Chirac lundi. Il doit célébrer une messe à Notre-Dame de Paris dimanche avec l'archevêque de Paris, Mgr André Vingt-Trois, avant de quitter la France mardi.

Benoît XVI s’adresse pour la première fois aux pèlerins en russe

ROME, Mercredi 18 mai 2005 (ZENIT.org) - Benoît XVI a salué ce mercredi, pour la première fois, un groupe de pèlerins, en russe.
« Je salue avec affection les pèlerins russes, rassemblés ici avec leur archevêque Mgr Tadeusz Kondrusiewicz. Je vous accorde, à vous,ainsi qu’à votre patrie bien-aimée, une bénédiction apostolique spéciale », a déclaré le pape.
Mgr Kondrusiewicz qui, à la fin de la rencontre a salué personnellement le pape, a révélé qu’il était venu en pèlerinage à Rome pour inviter Benoît XVI à se rendre en Russie, un rêve que son prédécesseur n’avait pu réaliser.
Les pèlerins venaient de Moscou, Saint-Pétersbourg, Kaliningrad et d’autres villes de la Fédération.
Avant l’audience générale, les fidèles russes avaient participé à une célébration eucharistique concélébrée par Mgr Kondrusiewicz et l’archevêque Stanislaw Dziwisz, ancien secrétaire de Jean-Paul II, dans les grottes vaticanes, le jour où Jean-Paul II aurait fêté ses 85 ans.
Aujourd’hui même, l’archidiocèse de la Mère de Dieu à Moscou a proclamé une année dédiée à la mémoire de Jean-Paul II.
Au cours de l’année, les paroisses de l’archidiocèse proposeront : une exposition réalisée par le photographe Gregorij Galonski, une exposition de livres de Jean-Paul II traduits en russe, des conférences et des rencontres. Les témoignages de grâces reçues par les catholiques russes par l’intercession de Jean-Paul II, seront également recueillis.

Zenit.org, 2005. Tous droits réservés

5.18.2005

Benoît XVI rend hommage à Jean Paul II à l'occasion de ce qui aurait dû être son 85e anniversaire

AP | 18.05.05 | 16:16

CITE DU VATICAN (AP) -- Le pape Benoît XVI a rendu hommage mercredi à son prédécesseur à l'occasion de ce qui aurait dû être son 85e anniversaire, en affirmant qu'il était sûr que Jean Paul II surveillait l'Eglise catholique «depuis là-haut».
Benoît XVI, qui vient de lancer la procédure accélérée de béatification pour Jean Paul II, a parlé de son prédécesseur lors de son audience générale devant de nombreux pèlerins qui agitaient des drapeaux polonais sur la place Saint-Pierre. Jean Paul II est mort le 2 avril dernier.
Dans des remarques improvisées au début de son audience, Benoît XVI a adressé de «grands remerciements pour le cadeau de ce pape» avant de remercier Jean Paul II lui-même pour «tout ce qu'il a fait et souffert».
Il a ajouté qu'il était certain que le défunt pape «nous regarde depuis là-haut». Quelque 30.000 fidèles ont assisté à l'audience générale, protégés par des parapluies sous une pluie fine.
En Pologne, des fidèles sont descendus dans les rues de Wadowice (sud), la ville natale de Jean Paul II, pour célébrer son anniversaire. Le cardinal Franciszek Macharski, une figure de proue de l'Eglise polonaise qui jouera un rôle clé dans le processus de béatification de Jean Paul II, devait célébrer une messe dans la ville en hommage au souverain pontife défunt.
Mardi soir, quelque 10.000 personnes s'étaient réunies sur la principale place de Wadowice pour un concert qui avait ouvert les célébrations du 85e anniversaire de Jean Paul II. Beaucoup tenaient des cierges et ont chanté des cantiques. AP

Benoît XVI entre style personnel et continuité

Wed May 18, 2005 2:28 PM CEST

par Philip Pullella

CITE DU VATICAN (Reuters) - Durant le mois qui s'est écoulé depuis son élection, le pape Benoït XVI a suivi une voie étroite entre l'affirmation d'un style personnel et un souci de fidélité à son prédécesseur charismatique, auquel il a rendu hommage mercredi - le jour où Jean Paul II aurait eu 85 ans.
"De là-haut il nous voit et il est avec nous", a déclaré le souverain pontife à la foule présente pour son audience générale sur la place Saint-Pierre battue par la pluie. "Nous disons un grand merci au Seigneur pour le don de ce pape, et merci au pape lui-même pour tout ce qu'il a fait et tout ce qu'il a enduré."
Jean Paul II est mort le 2 avril après avoir dirigé l'Eglise catholique près de 27 ans. Les derniers mois de sa vie ont été marqués par de grandes souffrances.
Benoït XVI a annoncé la semaine dernière qu'il agirait au plus vite pour faire canoniser le défunt pape polonais, répondant ainsi à  un voeu exprimé par les fidèles à ses funérailles et à une pétition de cardinaux. Le procès en béatification de son prédécesseur a débuté immédiatement, malgré la règle qui prévoit un délai de cinq ans après le décès.
Elu le 19 avril dernier, Benoît XVI a préservé la plupart des rituels et des usages traditionnels mais en a écarté d'autres. A travers les propos de prélats du Vatican se profile un homme qui se familiarise jour après jour avec ses nouvelles fonctions de chef d'une communauté de 1,1 milliard de personnes.
L'ancien cardinal Joseph Ratzinger cherche à se débarrasser de l'image que lui ont apposée divers médias et ses adversaires théologiques — celle d'un bureaucrate froid et distant.
"Quand les médias vous ont défini d'une certaine façon, il faut lutter pour se défaire du stéréotype", note un dignitaire du Saint-Siège qui, comme ses collègues, s'exprime en demandant à garder l'anonymat.
Dans ses fonctions précédentes, Ratzinger était préfet de la Congrégation de la doctrine de la foi. Sévère avec les théologiens dissidents, il pouvait aussi paraître distant.
Depuis son élection, Benoît XVI se montre plus souriant, on le voit serrer les mains et embrasser les bébés comme un homme politique chevronné, laissant ainsi apparaître le visage amical et bienveillant que certains disent lui avoir toujours connu.

REMANIEMENT A VENIR

Il a adressé des promesses de coopération aux juifs comme à d'autres Eglises chrétiennes — autrefois objet de ses critiques.
Ce côté humain et paternel en surprend certains, qui le voyaient jusque-là  sous les traits d'un "gardien de la foi" rigide, note un autre prélat du Vatican. "Je dois dire que cela résultait en partie de son caractère, car c'était — et cela reste — une personne réservée, presque timide", ajoute-t-il.
Certains estiment que les bains de foule et les gestes de tendresse envers les nouveau-nés ne relèvent pas d'un élan spontané chez Ratzinger, mais qu'il a pris conscience que c'était un aspect de sa nouvelle fonction.
"Il serait suicidaire qu'il essaie d'imiter Jean Paul II en toutes choses", estime toutefois un prélat.
Les collaborateurs du nouveau pape insistent sur les différences de forme et de fond que présentera son pontificat.
Benoît XVI s'est démarqué des pratiques de son prédécesseur en confiant à un cardinal le soin d'élever deux religieuses au rang des bienheureux, revenant ainsi à une pratique en vigueur jusqu'en 1971.
Bien qu'il ait temporairement confirmé de nombreux hauts dignitaires du Vatican à  leurs postes, on s'attend à ce qu'il examine leurs cas individuellement et à ce qu'il remanie la Curie, l'administration centrale du Saint-Siège dont il a fait partie pendant 23 ans. Il passe pour avoir été consterné par les chamailleries publiques de certains cardinaux de la Curie au cours des derniers mois du pontificat de Jean Paul II.
L'un des premiers signes des méthodes de Benoît XVI a été le choix de l'archevèque de San Francisco, William Levada, pour la direction de la Congrégation pour la doctrine de la foi. La nomination de Levada a pris de court certaines personnalités du Vatican, qui s'attendaient à voir choisir un Italien, mais le pape s'est dit convaincu que Levada était l'homme de l'emploi.
Autre différence, Benoît XVI voyagera moins que Jean Paul II. Et pas seulement parce qu'il a 78 ans, c'est-à-dire vingt ans de plus que le pape polonais au moment de son élection.
"C'est un style très différent. Il fera certainement quelques voyages mais ils seront peu nombreux. Je ne pense pas qu'il effectuera des visites pastorales", dit un prélat.
Benoît XVI se rendra la semaine prochaine à Bari, dans le sud de l'Italie, pour un clôturer un congrès ecclésiastique. Son premier déplacement important le conduira en août à Cologne, dans son Allemagne natale, pour des Journées mondiales de la jeunesse (JMJ) décidées par Jean Paul II.

Le Vatican reçoit les parents de Terri Schiavo

NOUVELOBS.COM | 18.05.05 | 12:35

Les parents de la jeune femme dont la mort, fin mars après 15 ans de coma, avait provoqué une vaste polémique aux Etats-Unis, ont été reçus au Vatican.
Le Vatican a reçu mardi 17 mai les parents de Terri Schiavo, dont la mort fin mars après 15 ans de coma avait provoqué une grande polémique aux Etats-Unis, accompagnés d'une association américaine pour la "défense de la vie", selon une source proche su Saint-siège.
Bob et Mary Schindler ont été reçus par le cardinal italien Renato Raffaele Martino, président du Conseil pontifical pour la justice et la paix, et devaient également assister mercredi à l'audience générale hebdomadaire du pape Benoît XVI.
"Après avoir réaffirmé sa réprobation pour le meurtre de cette femme sous une des formes les plus inhumaines et cruelles possibles, c'est-à-dire la faim et la soif, le cardinal Martino a encouragé les initiatives de cette nouvelle association pour la défense de la vie depuis la conception jusqu'à la mort naturelle", indique un communiqué du Conseil pontifical pour la justice et la paix.

Mort hâtée

Les parents de Terri Schiavo s'étaient opposés en vain à la décision de la justice de Floride de mettre fin le 18 mars à l'alimentation artificielle de leur fille, qui avait été prise à la demande de son mari Michael Schiavo et sur la foi de plusieurs avis médicaux ayant diagnostiqué un état végétatif persistant, dû à un accident vasculaire subi en 1990.
Terri Schiavo était décédée le 31 mars à 41 ans après deux semaines sans alimentation artificielle et malgré la forte mobilisation de mouvements chrétiens et d'élus conservateurs.
Le Vatican avait alors dénoncé une mort "hâtée de façon arbitraire", estimant que "nourrir une personne ne peut jamais être considéré comme un acharnement thérapeutique".

Les protestants français étonnés de recevoir un message du pape Benoît XVI

L'Eglise réformée de France, la principale dénomination protestante du pays, s'apprête à répondre au message que lui a transmis, la semaine dernière, le nouveau pape, Benoît XVI, à l'occasion de son synode national, un geste inédit qui a provoqué la surprise dans les rangs du protestantisme français. Par l'intermédiaire de la Secrétairie d'Etat du Vatican, Benoît XVI a, en effet, envoyé un message dans lequel il salue « cordialement tous les participants de l'Eglise réformée de France, les assurant de sa prière.
"Il semble bien que cela soit une première. Aucun pape, à notre connaissance, ne s'était adressé auparavant aux protestants français", a expliqué le pasteur Marcel Manoël, président du Conseil national de l'ERF. Pour les protestants français, le nouveau pape était d'abord l'homme qui avait écrit, en l'an 2000, alors qu'il était alors le préfet de la Congrégation pour la doctrine de la foi, le texte Dominus Iesus, réaffirmant la croyance catholique selon laquelle les Eglises protestantes n'étaient pas des "Eglises au sens propre". L'accueil fait au message du pape par le synode a d'abord été un peu glacial. "Les participants ont été pris de court, a expliqué le pasteur Gill Daudé, responsable des relations oecuméniques à la Fédération protestante de France. Après coup, les gens ont été ravis d'avoir reçu ce message fraternel."

Source : ProtestInfo/eni

5.16.2005

Benoît XVI, George W. Bush et les néoconservateurs

Analyse
LE MONDE | 16.05.05 | 14h20  •  Mis à jour le 16.05.05 | 14h20

Comparaison n'est pas raison. Rien ne semble sonner plus faux a priori que le couple formé par George W. Bush et Benoît XVI, le chef de la première puissance politique du monde et celui de sa première force spirituelle. D'un côté, un protestant méthodiste, issu d'une famille patricienne des Etats-Unis qui, avant de conquérir Washington, avait fait carrière dans le Sud fondamentaliste texan, chrétien born-again (né de nouveau, c'est-à-dire converti), consommateur d'alcool repenti, icône d'une droite religieuse américaine en expansion depuis trente ans, teintée de populisme, convaincue que seul le retour à Dieu transformera une société américaine rongée par le sécularisme et la permissivité.
De l'autre, un fils de famille rurale bavaroise, modeste, timide, grand commis d'une Eglise catholique qu'il a servie dès le premier jour, théologien et universitaire plus qu'homme du monde, philosophe issu — comme l'était Jean Paul II, dont il a été le conseiller le plus proche pendant un quart de siècle — de cette Mitteleuropa qui a donné naissance à un patrimoine culturel exceptionnel (idées, art, musique), mais aussi des expériences totalitaires parmi les plus monstrueuses du XXe siècle, que ces deux hommes ont connues de près.
Pour George W. Bush, un homme au verbe haut, qui incarne un rêve néomessianiste, la régénération morale de l'Amérique civile serait exemplaire pour le monde entier. Fondée sur les performances économiques et militaires des Etats-Unis, cette arrogance contraste avec l'apparente humilité de Josef Ratzinger, qui fut le proche du pape défunt, sa main de fer lorsqu'il s'est agi de mettre au pas les dissidents de l'Eglise, d'y faire respecter la discipline, d'en écarter les idées déviantes, de mettre en garde contre une modernité qui confondrait tolérance religieuse et relativisme, liberté et licence.
Tout semble donc opposer, d'un côté, un George Bush dont la réélection a pris appui sur la puissance de ce courant évangélique héritier des"puritains" du XVII e siècle et des "réveils" protestants, cocktail de conservatisme social et moral, de patriotisme et de ferveur religieuse - - qui croît sur toute la planète américaine (Nord et Sud) - - et, de l'autre côté, Benoît XVI, ce pape allemand, sans divisions, dont on ne connaît pas encore bien les intentions, qui cherche un style différent de celui de Jean Paul II, mais aussi du cardinal Ratzinger qu'il fut à la Curie. Un homme qui cherche surtout dans les Evangiles, la tradition de l'Eglise et la Parole de Dieu — le "seul guide" , a-t-il dit, le 8 mai, du ministère du pape — les voies d'une guérison des cœurs et de l'homme.
Pourtant, à y regarder de plus près, la réélection de George Bush, en novembre 2004, et l'accession au trône de Pierre de Benoît XVI ont bien des points communs. Si aucun doute n'existe quant à l'indépendance du choix des cardinaux lors du conclave des 18 au 19 avril, il faut se souvenir que le scénario d'une succession par le cardinal Ratzinger du pape Jean Paul II malade est venu, pour la première fois à la fin de l'année dernière, du continent américain.
Cela s'est fait non pas au prix d'un "arrangement" comme celui qui, selon des historiens et des journalistes, aurait été autrefois passé entre Ronald Reagan et Jean Paul II (soutien américain à l'Eglise et à Solidarnosc en Pologne contre la mise au pas, par le Vatican, des théologiens de la libération et prêtres révolutionnaires d'Amérique latine), mais à la suite d'une même analyse pessimiste du déclin des valeurs morales en Occident et des dérives de la modernité laïque contre lesquelles aucun compromis ne saurait être toléré.
Le sénateur démocrate et catholique John Kerry avait été battu par George Bush dans son propre électorat catholique. Ses positions avaient été jugées trop libérales en matière de mœurs. Et c'est George Bush, protestant intransigeant, qui s'était montré le meilleur défenseur du... Vatican, militant contre l'avortement, l'euthanasie, les recherches sur les cellules souches d'embryons, hostile à toute forme de mariage homosexuel et reprenant à son compte, lors d'un duel télévisé, les mots si chers à Jean Paul II de "culture de la vie" . Des cardinaux et des évêques ultraconservateurs, parmi lesquels Benoît XVI vient de nommer son nouveau préfet de la doctrine, William Levada, avaient affirmé que le vote Kerry était un "péché" . L'alliance - - sur des valeurs morales - - entre les catholiques conservateurs et les protestants fondamentalistes avait été l'une des clés du succès de George Bush.


REJET DE TOUT COMPROMIS

Il n'y a pas eu de pression américaine sur le récent conclave romain. Mais c'est bien ce refus de toute stratégie de compromis avec la modernité laïque qui est à l'origine de la victoire annoncée du cardinal Ratzinger. Pas de compromis doctrinal : le dialogue avec les autres religions a bien des vertus, mais Jésus-Christ est le"seul sauveur", l'"unique médiateur" entre Dieu et les hommes, soit le fond de l'argumentation du cardinal Ratzinger dont on doute qu'elle puisse évoluer à l'avenir.
Pas non plus de compromis au plan moral. "Les Eglises ou dénominations religieuses dont l'enseignement est ouvert à tout vent ne tardent pas à décliner et à disparaître. Au contraire, celles dont la doctrine théologique et morale est ferme et claire prospèrent, fût-ce en subissant les aigreurs de la modernité." Ces mots ne sont pas de Benoît XVI, mais le nouveau pape n'en récuserait aucun. Ils sont de George Weigel, le plus grand biographe américain de Jean Paul II, l'intellectuel catholique le plus écouté aux Etats-Unis.
Faut-il alors s'étonner de la consternation qui a suivi l'élection du cardinal Ratzinger dans les milieux cléricaux et laïcs pour qui le"progrès" ou la "réforme" dans le catholicisme ne sont pas forcément synonymes d'affadissement du message évangélique ou de capitulation devant la modernité ? Ou, à l'inverse, des cris de victoire entendus dans les courants néoconservateurs de l'Eglise (l'Opus Dei, Communion et Libération, Focolaris, néo-catéchuménat, nouvelles communautés, etc.), qui fondent leur projet de "nouvelle évangélisation" du monde sur la restauration d'une identité catholique claire et forte, sur le rejet de toute conciliation avec la philosophie des Lumières, l'exégèse critique des textes sacrés et les sciences humaines les plus dérangeantes pour la foi chrétienne.
Ecoutons George Weigel jusqu'au bout. Pour lui, le "projet progressiste" est mort dans l'Eglise avec l'élection de BenoîtXVI, "non pas tant parce qu'il était pernicieux, mais parce qu'il posait une question qui n'intéresse plus personne : quel est le minimum auquel je puis croire ? Quel est le minimum que j'ai à faire si je veux rester catholique ?"
Soit une conception "intégraliste" de la religion (sinon "intégriste", ce mot galvaudé), que ne désavouerait aucun des protestants évangéliques ayant le vent en poupe en Amérique.

Henri Tincq
Article paru dans l'édition du 17.05.05
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